Cos'è e come si usa la curcuma - Donnamoderna

 

La Curcuma (Curcuma longa L.) è una tra le piante medicinali il cui consumo, negli ultimi anni, è esponenzialmente cresciuto anche nel mondo occidentale a partire dalla sua primaria conoscenza come spezia culinaria per giungere oggi al suo frequentissimo uso come pianta medicinale nella gestione di più problematiche della salute.

L’incremento del consumo di Curcuma si è accompagnato ad un crescente interesse scientifico per indagarne gli effetti farmacologici e le potenzialità cliniche; alla ricerca in “Google Scholar” alla data del 29 maggio 2020, utilizzando la parola chiave di ricerca “Curcuma longa” vengono restituiti 121.000 articoli comprendenti gli articoli presenti in PubMed che, per la stessa ricerca, restituisce 3932 risultati di cui 151 relativi ai soli trials clinici.

L’apprezzamento di Curcuma come pianta medicinale deriva da alcuni sicuri fattori positivi come ad esempio la sua lunga tradizione d’uso nelle principali medicine tradizionali che ne tramandano la ragionevolezza d’impiego per effetti benefici e sicurezza d’uso; analogamente oggi l’ampia documentazione scientifica disponibile sostiene positivamente i razionali di impiego della Curcuma anche nelle più moderne formulazioni nutraceutiche (e negli integratori naturali); quest’ultima tipologia di preparati insieme alle classiche preparazioni erboristiche rappresentano il maggior “driver” di sviluppo della crescita dei consumi di Curcuma. Si deve tuttavia osservare che l’espansione del consumo di prodotti a base di Curcuma dipende anche da un progressivo allargamento delle sue indicazioni d’uso, infatti attualmente i prodotti a base di Curcuma vengono “consigliati” anche per impieghi diversi da quelli per i quali è tradizionalmente nota e cioè per l’efficienza antiossidante e antinfiammatoria molto sfruttata in aree osteoarticolare o gastrointestinale; sono oggi molto diffusi sul mercato molti prodotti a base di Curcuma che, ad esempio, promettono evidenti effetti dimagranti o anti neurodegenerativi ma con una attenta ricerca potrebbero essere rintracciati molte altre indicazioni “out label”.

Nel crescente interesse per gli integratori naturali, oggi sempre più sviluppati come farmaci, è ampiamente giustificato il lavoro di approfondimento e ampliamento della “moderna farmacognosia” tuttavia è importante tenere presente che le piante medicinali (e quindi le formulazioni a base di esse) possono offrire razionali farmacologici d’impiego quasi infiniti (poiché i singoli fitocomplessi sono a loro volta costituiti da un numero mediamente molto elevato di fitochimici) tuttavia i razionali farmacologici dovrebbero essere ben confermati anche nelle evidenze cliniche che supportino la verosimile realtà d’efficienza per “indicazione d’uso” e per aspetti tossicologici.

Nell’attuale realtà spesso “sfuocata” per certezze scientifiche cliniche che possano orientare alla scelta delle piante medicinali per un loro utilizzo secondo “evidence” restano comunque un valido riferimento le evidenze osservazionali tramandate sull’uso tradizionale delle piante medicinali che offrono consolidate informazioni sul loro uso nella “pratica clinica”; queste informazioni sono basate su una quasi infinita disponibilità di dati “storici” dai quali è facilmente deducibile quale sia il reale effetto medicamentoso prevalente della singola pianta medicinale ed i motivi e per i quali, nella storia della medicina, queste sostanze siano state impiegate prevalentemente per un uso e non per un altro.

Queste considerazioni potrebbero anche essere utili per valutare aspetti non meno importanti sulla sicurezza nell’uso delle piante medicinali; se da un lato l’impiego di una pianta medicinale “secondo indicazione certa”, ai dosaggi raccomandati, si conferma generalmente sicuro e ben tollerato, diversamente si pone la realtà nella quale la pianta medicinale venga consigliata per indicazioni “out label”; in questi casi si ha una ovvia mancanza di evidenti conferme cliniche ma anche di quelle d’uso tradizionale; inoltre in queste situazioni bisogna tenere presente che il mercato nutraceutico mette a disposizione preparati che somministrano estratti vegetali “pronti” spesso molto diversi (estratti secchi, acquosi, polveri, oli essenziali, fitosomiali, etc.) ma generalmente conformi, attraverso la posologia consigliata, ai dosaggi raccomandati dalle farmacopee ufficiali.

In caso di utilizzo di piante medicinali “out label” la posologia generalmente consigliata delle varie forme estrattive potrebbe essere inefficace oppure, per rincorrere “risultati miracolosi”, aumentata fino ad un eccesso; in questo caso si raggiungerebbero dosaggi di bioattivi molto superiori rispetto alla media di quelli generalmente raccomandati rappresentando potenzialmente maggior rischio di effetti avversi come ben descritto nella tossicologia delle piante medicinali [157]. Rispetto poi alla scelta di una specifica posologia di un preparato bisognerebbe tenere primariamente conto dei suoi aspetti tecnici di titolazione dei chemiotipi bioattivi per conoscerne l’esatta quantità somministrata.

La Curcuma rappresenta un tipico esempio di queste problematiche poiché la sua nota bassa biodisponibilità, rende difficoltoso, già nei suoi usi più tradizionali, l’ottenere per i principali curcuminoidi attivi, concentrazioni plasmatiche efficienti, per distribuzione sistemica, a raggiungere specifici apparati o sistemi dell’organismo; la Curcuma infatti mostra un’ampia variabilità di potenza di effetti clinici a seconda della forma di somministrazione topica (o luminale) oppure orale.

La mancanza di evidenze cliniche su uno specifico uso di una pianta medicinale ”out label” rappresenta quindi un problema non solo per la conferma della realtà dell’efficacia terapeutica ma anche per la mancanza di indicazioni certe di dosaggi da impiegare in sicurezza. Un aiuto per orientarsi sull’argomento può venire comunque dall’ampia disponibilità di dati fitochimici e farmacologici delle piante medicinali che si intendono impiegare; generalmente dagli studi fitochimici e farmacologici si possono ottenere informazioni verosimilmente predittive dei potenziali effetti clinici e di tollerabilità.

Nella prima metà del 2019 la Curcuma ed i preparati nutraceutici a base di essa, sono stati al centro dell’attenzione mediatica per presunti effetti epatotossici della pianta medicinale; le evidenze scientifiche hanno successivamente chiarito che i casi di epatotossicità verificatisi erano da attribuire a particolari condizioni d’uso e del paziente nel momento dell’assunzione dei preparati e non direttamente attribuibili alla Curcuma.

Riportiamo al riguardo le conclusioni del Ministero della salute Italiano a luglio 2019:

“A seguito delle indagini condotte sui casi di epatite colestatica segnalati dopo l’assunzione di integratori alimentari contenenti estratti e preparati di Curcuma longa, e, in un caso, dopo il consumo di Curcuma in polvere, il gruppo interdisciplinare di esperti appositamente costituito e la sezione dietetica e nutrizione del comitato tecnico per la nutrizione e la sanità animale hanno concluso che, ad oggi, le cause sono verosimilmente da ricondurre a particolari condizioni di suscettibilità individuale, di alterazioni preesistenti, anche latenti, della funzione epato-biliare o anche alla concomitante assunzione di farmaci. Gli eventi segnalati hanno coinvolto preparati ed estratti di curcuma diversi tra di loro e si sono verificati dopo l’assunzione di dosi molto variabili di curcumina, anche se nella maggior parte dei casi il titolo di tale sostanza era elevato e spesso associato ad altri ingredienti volti ad aumentarne l’assorbimento. Le analisi effettuate sui campioni dei prodotti correlati ai casi di epatite hanno escluso la presenza di contaminanti o di sostanze volontariamente aggiunte quali possibili cause del danno epatico. [http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=3842]

Il caso si è concluso con l’indicazione da parte del Ministero della Salute italiano di inserire nell’etichetta di prodotti a base di Curcuma una avvertenza cautelativa per la quale questi preparati sarebbero sconsigliati in accertata presenza di epatopatie.

Ai dosaggi raccomandati la Curcuma si dimostra sicura e ben tollerata; è generalmente riconosciuto che la curcumina non causa una significativa tossicità a breve termine a dosi fino a 8 g / die. [158,159]

Le vigenti normative del Ministero della Salute prevedono l’obbligo di dichiarare in etichetta di prodotti nutraceutici informazioni di indicazione esclusivamente conformi al vigente claim ammesso per Curcuma Longa L. che recita: Curcuma longa L. (sin. Curcuma domestica Val., Curcuma domestica Loir., Amomum curcuma Jacq) – Zingiberaceae – rhizoma, aetheroleum – rhizoma: Antiossidante, Funzionalità articolare, Contrasto dei disturbi del ciclo mestruale. [http://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2019&codLeg=70165&parte=2&serie=]; ne consegue quindi che ufficialmente alla pianta medicinale vengono attribuite specifiche indicazioni d’uso e non altre per le quali attualmente non sono ancora disponibili dati evidenti di efficacia e di tollerabilità anche in ragione dei dosaggi consigliati; attualmente il claim per Curcuma longa L. “Prevents the accumulation of fats and facilitates their destockage by the liver” presso EFSA è in stato “pending” cioè in attesa di definizione positiva o negativa. [https://www.trovaclaim.it/registro-efsa/curcuma-curcuma-longa]

Come riportato nelle conclusioni ministeriali sarebbero inoltre da approfondire gli aspetti tossicologici dell’associazione di Curcuma con altre piante medicinali (es. Piperina) impiegate per migliorare la scarsa biodisponibilità della Curcuma anche se attualmente sarebbe evidente che queste associazioni accelererebbero i tempi di assorbimento dei tre principali curcuminoidi ma non ne migliorerebbero la biodisponibilità mentre incrementerebbero la biodisponibilità di loro metaboliti secondari. [161]

Secondo letteratura scientifica la Curcuma eserciterebbe i suoi più noti e principali effetti antinfiammatori e antiossidanti nella sua forma non modificata (es. effetti antinfiammatori luminali nell’intestino) mentre forme estrattive di Curcuma modificate con moderne tecniche farmaceutiche (es. liposomiali) sarebbero più indicate per sfruttare altre attività farmacologiche secondarie del fitocomplesso. [160]